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Quello che Vincenzo Rosati ci propone non è un semplice testo autobiografico, almeno non nel senso usuale del termine, ma una sorta di descensus ad inferos, di risucchio verso una voragine abissale in cui, in orgiastica mescolanza, prelati e generali, magistrati e avidi cortigiani smaniosi di prebende inscenano una rappresentazione talmente realistica da oltrepassare i confini dell'immaginazione. Con uno stile duro, durissimo, crudo, che a volte pare lambire i confini del delirio e del vaneggiamento, l'autore ci immette, oseremmo dire ci sbatte impietosamente sin dalle prime righe, nella vertiginosa descrizione di un disfacimento, di una liquefazione sociale e individuale da cui nessuno si salva. [...] Non è infatti antitetico al potere e alle sue forme, non scaglia sassi o bombe incendiarie ma, zigzagando tra le screpolature del sistema, svicola all'assimilazione, se ne allontana in tutti i modi, irride sia il conservatorismo benpensante che la sua faccia apparentemente alternativa, ma nei fatti sostanzialmente speculare, del rivoluzionarismo modaiolo utile al conseguimento di posizioni di comodo e parassitaria rendita. (Dall'introduzione di Francesco Pullia) Das Urheberrecht an bibliographischen und produktbeschreibenden Daten und an den bereitgestellten Bildern liegt bei Informazioni Editoriali, I.E. S.r.l., oder beim Herausgeber oder demjenigen, der die Genehmigung erteilt hat. Alle Rechte vorbehalten.