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Attraverso le carte del personale della Società degli Altoforni Fonderie e Acciaierie di Terni (SAFFAT), l'autore delinea le caratteristiche delle forze di lavoro durante il primo quindicennio del XX secolo e tenta di ricostruire i rapporti creatisi tra un importante stabilimento siderurgico e gli abitanti del territorio. Emerge come l'azienda si orientasse verso il mercato del lavoro locale per il reclutamento di manodopera di prevalente origine contadina e poco o per nulla qualificata. I legami che tale manovalanza conservava con la terra e i meccanismi di pluriattività innescati dai nuclei familiari gravitanti attorno al polo industriale permettevano alla Società di erogare salari bassi e di non costruire abitazioni per i dipendenti. Il fatto che l'impiego in fabbrica fosse l'unica alternativa alla sottoccupazione nel settore agricolo o all'emigrazione, invogliava le maestranze locali a una relazione di lavoro stabile con l'azienda. Infine, l'assetto tecnico-impiantistico raggiunto dalla SAFFAT le consentiva di non affidarsi alla categoria del "mestiere" di addetti specializzati per formare al lavoro industriale contadini e manovali, più sottomessi al regime di fabbrica. Presentazione di Stefano Musso. Das Urheberrecht an bibliographischen und produktbeschreibenden Daten und an den bereitgestellten Bildern liegt bei Informazioni Editoriali, I.E. S.r.l., oder beim Herausgeber oder demjenigen, der die Genehmigung erteilt hat. Alle Rechte vorbehalten.