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Federico Zuccari e la professione del pittore

Italiano · Tascabile

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Federico Zuccari (1539/1540-1609) «mandò in stampa alcune sue bizzerrie, e pensieri circa la nostra professione». Così scriveva nel 1642 Giovanni Baglione, che con lui aveva vissuto la stagione eroica del principio dell'Accademia dei pittori, scultori e architetti romani. Quelle stampe famosissime, i suoi «pensieri circa la professione», erano invenzioni morali che traevano occasione dai fatti "realmente accaduti" per assumere forma di favola e divenire materia comune dì riflessione e insegnamento. Ammantate di una veste allegorica tanto eloquente da modellare l'immaginario sociale degli artisti europei per oltre un secolo, tali invenzioni erano rivolte principalmente ai giovani pittori, che andavano instradati per l'arduo cammino della virtù, fatto di studio e fatica intellettuale, e sottratti alla dimensione del lavoro meccanico della bottega e alla logica vile del mero guadagno, come anche alla servitù nella corte, alla mortificante dipendenza dal principe di turno. Zuccari, pittore e intellettuale inquieto e coraggioso, viaggiatore e utopista, aveva formato la propria "moderna" sapienza mediatica in gioventù, a Venezia, nella bottega di Tiziano e a stretto contatto con il mondo della tipografia. La Venezia dei "poligrafi", di Pietro Aretino, Anton Francesco Doni, Lodovico Dolce, era un mondo di pensiero che lo conquistò definitivamente e gli prestò i propri temi: quello anticortigiano e quello, economico, del giusto compenso delle fatiche dei "poveri virtuosi", dell'onorato riconoscimento della virtù, presupposto necessario a una possibile autonomia del lavoro "culturale"; gli diede, infine, la prospettiva dell'accademia, regno ideale della concordia tra le arti e, nella realtà, punto di arrivo necessario al riscatto sociale delle professioni "del disegno". Così, già in vita, Zuccari divenne per i pittori, non solo romani, il protagonista leggendario di battaglie combattute apertamente («io sono huomo schieto e senza artifitio alcuno dico la verità») e sempre in nome della libertà della virtù e dei ,virtuosi, perché, come ebbe a dichiarare, impavido imputato in un procedimento giudiziario, «la virtù nel bianco scrive quel che li pare». Postfazione di Paolo Procaccioli. Das Urheberrecht an bibliographischen und produktbeschreibenden Daten und an den bereitgestellten Bildern liegt bei Informazioni Editoriali, I.E. S.r.l., oder beim Herausgeber oder demjenigen, der die Genehmigung erteilt hat. Alle Rechte vorbehalten.

Dettagli sul prodotto

Autori Elisabetta Giffi
Editore Artemide
 
Lingue Italiano
Formato Tascabile
Pubblicazione 25.08.2023
 
EAN 9788875754372
ISBN 978-88-7575-437-2
Pagine 290
Dimensioni 170 mm x 240 mm x 24 mm
Peso 864 g
Serie Arte e cataloghi
Artemide
Categoria Scienze umane, arte, musica > Arte > Arte figurativa

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