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"Voglio andare a casa!" Quante volte nella mia vita, mi chiedo, queste parole sono uscite precipitosamente dal profondo del mio cuore, facendo rotolare via tutto, senza mai ascoltare la ragione, senza mai fermarmi a pensare? Quante volte da quel tetro pomeriggio nel grande, grande salotto della nonna? E, oh ¿¿caro me! quale miserabile angoscia viene prima di quel tremendo desiderio! Oh, persone adulte, non sapete quanto ha un sapore aspro, e quanto tutto sembra giallo, e quanto fa schifo tutto, quando si vuole tornare a casa? Così è stato quel giorno disgraziato. Come ricordo bene tutto! Il grande, ampio soggiorno così pieno di cuscini, divani, poltrone, tavolini ricoperti di buffi soprammobili, lastre di marmo e altri soprammobili, bellissimi parafuoco, grandi specchi, soffice pelliccia che giace sul pavimento. pavimento e antimacassar multicolori sulle sedie. A poco a poco, tutte queste meraviglie avevano ricordi felici su di loro, di giochi strepitosi con allegri piccoli compagni di gioco. Ora, ero tutto solo e molto solo, in tutto questo. È vero, c'era la nonna che annuiva sulla sua poltrona, alla luce del fuoco, da un lato, e c'era lo zio Hugh che leggeva il "Times" con la stessa luce dall'altro. Ma cosa erano i due per il piccolo sconosciuto stanco sullo sgabello basso tra loro? Una volta gli occhi della nonna si erano aperti solo per guardarmi e dire: "Facendo belle foto ai carboni rossi, mia cara?"
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