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Un noir che disturba e sorprende, una tensione che sale piano come la marea. La storia di un amore che lentamente si trasforma in veleno, di un vuoto intimo che trasfigura una ragazza meravigliosa. In questo senso "Cosa resta di noi" fa pensare ai romanzi di Patricia Highsmith. Guia, la protagonista, chiama "morte vista al contrario" la sua impossibilità di avere un figlio: "una vita che non solo non inizia ma non riesce nemmeno ad essere concepita". Eppure è una ragazza nata per essere felice, di antica famiglia, scrittrice indirizzata al successo, sposata con un uomo che ama ed è pazzo di lei. Ma è in questa unione di felici che si infiltra il "lutto al contrario" del figlio mancato, come una crepa che si allarga e non si può fermare. Edo, il marito, il Narratore, segue le scene da questo matrimonio che si sta suicidando, nel letargo dorato degli inverni in Versilia, mentre Guia riversa in un prossimo romanzo tutta la sua disperazione e scrive di un tempo diverso da quello che stanno vivendo. Intorno le quiete banalità di coloro che "hanno tempo, soldi ed energie in surplus". Ma ad un tratto lo scenario cambia. Nella vita di Edo appare un'altra donna che però, pochi giorni dopo, svanisce nel nulla inspiegabilmente. La sua scomparsa diventa il caso del momento, segna l'irrompere di una realtà cieca e distruttiva nella crisi che Edo e Guia stanno cercando di affrontare.
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Edo e Guia sono sposati da quattro anni. D’inverno vivono a Roma, d’estate in Versilia, dove Edo gestisce lo stabilimento balneare dei suoceri. Guia è una scrittrice in cerca della consacrazione, e il loro sembra un matrimonio solido, di forte complicità. La coppia è però consumata dal desiderio di avere un figlio, che non arriva nonostante la fecondazione assistita, con le sue speranze e disillusioni. I due hanno deciso di non condividere con nessuno il calvario tra cliniche e ambulatori, e reclusi in questa bolla di intimità sembrano essere sempre più legati tra loro.